Per definizione la grappa è un’acquavite di vinaccia distillata. Ottima a fine pasto, ne esistono di tantissime qualità e tipologie e sono sempre di più gli appassionati.
Come nasce la grappa
La materia prima
Partiamo dalla materia prima: la vinaccia, che è tutto ciò che rimane dell’uva dopo che è stata spremuta per fare il vino.
Ciò che per i vinificatori è uno scarto, per i distillatori è un tesoro prezioso, da selezionare molto accuratamente: dalla qualità della vinaccia dipende direttamente la qualità della grappa prodotta.
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Esistono due principali tipologie di vinaccia: la vinaccia fermentata e la vinaccia non fermentata, detta vergine. La prima contiene una percentuale alcolica poiché ha fermentato con il mosto; la seconda non ha subito il processo di fermentazione.
Per fare un prodotto distillato come la grappa si deve partire da una materia prima dove sia già presente dell’alcool, ovvero dove lo zucchero in essa contenuto è stato trasformato in alcol dai lieviti; è per questo che la vinaccia vergine, ancora ricca di zuccheri ma non fermentata, viene opportunamente fatta fermentare prima di poter essere utilizzata.
A dire la verità esiste anche un terzo tipo di vinaccia, cioè quella semi-fermentata, che proviene dalla produzione dei vini rosati e che, pertanto, ha subito una parziale fermentazione. Allo scopo della produzione della grappa, comunque, segue lo stesso iter della vinaccia vergine: la sua fermentazione deve essere completata prima di arrivare al processo di distillazione.
La distillazione
La distillazione è un procedimento fisico che permette di separare le parti volatili di un fermentato, in base al loro diverso punto di evaporazione.
Per produrre la grappa il mastro distillatore si serve di uno strumento specifico: l’alambicco.
Il processo ha inizio con il riempimento della caldaia dell’alambicco con le vinacce fermentate, che qui vengono fatte riscaldare, in modo che le componenti volatili al loro interno evaporino.
Per produrre la grappa non tutte le componenti volatili evaporate dalla massa solida sono desiderabili: alcune risultano sgradevoli per il prodotto finito e alcune sono addirittura nocive per la salute dell’uomo.
Proprio qui si vede l’abilità del mastro distillatore, che tramite un attento controllo delle temperature riesce a “selezionare” tutto ciò che delle sostanze volatili, che hanno differenti temperature di evaporazione, deve e non deve andare a finire nella grappa. Questo lavoro è detto “rettificazione” e viene eseguito mediante il taglio delle teste e delle code del distillato.
Per capire meglio: il distillato viene suddiviso in tre parti, testa, cuore e coda.
La testa è la prima parte ad uscire dall’alambicco ed è costituita dalle sostanze che evaporano ad una temperatura più bassa; si tratta di quelle che conferirebbero alla grappa un odore sgradevole e dell’alcol metilico che è tossico. Per questo le teste vengono tagliate.
Il cuore è la seconda parte ad uscire dall’alambicco ed è anche quella “nobile”, quella costituita unicamente da alcool etilico e sostanze aromatiche pregiate e che sarà il prodotto finito, la grappa.
La coda, infine, esce per ultima ed è da considerarsi anch’essa uno scarto, poiché contiene sostanza grasse ed oleose non gradevoli.